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RESPONSABILITÀ E DOVERI
di Antonio Gramsci
“ La convinzione che il regime fascista sia pienamente responsabile dell'assassinio del deputato Giacomo Matteotti, così come è pienamente responsabile di innumerevoli altri delitti non meno atroci e nefandi, è ormai incrollabile in tutti. L'indignazione sollevata da un capo all'altro d'Italia dal nuovo misfatto è rivolta non soltanto contro i masnadieri che hanno rapito in pieno giorno, a Roma, l'on. Matteotti per assassinarlo, non soltanto contro i camorristi che, minacciati dalla parola accusatrice del deputato unitario, ne hanno voluto la soppressione, ma contro tutto un metodo di governo, contro tutto un regime che si regge e si difende con organizzazioni brigantesche, che contrappone alle critiche avversarie le sanguinose imprese della sua mano nera, che adopera sistematicamente il bastone o il pugnale o la benzina per far tacere le voci moleste. Il governo tenta disperatamente di respingere da sé ogni responsabilità ed ogni colpa, il fascismo tenta di provare la propria innocenza condannando gli esecutori materiali del delitto. Tentativi puerili. Bisognava non esaltare la balda Gioventú sportiva che organizzò freddamente e compi l'orrenda strage di Torino; bisognava non esaltare e non sottrarre ad ogni punizione i banditi che da due anni terrorizzano l'Italia; bisognava poter governare senza ricorrere ogni giorno al delitto. Ma nella confessione stessa del governo di non poter rinunciare alle proprie bande armate, di non poter restituire una legge al popolo italiano, di non poter vivere senza far pesare sul popolo la minaccia permanente della violenza e dell'arbitrio, di dover sempre esaltare la virtú del ferro e del piombo, è la prova definitiva della colpa del regime. E la coscienza del popolo è insorta contro tutti i colpevoli. Anche i filofascisti, difensori per professione e per definizione di tutta l'opera del governo, hanno dovuto per un certo tratto seguire la corrente; ma il loro scopo era evidente ed è ormai raggiunto: impedire che il regime fosse travolto dalla stessa ondata di indignazione che ha travolto gli assassini. Invece tutti i partiti d'opposizione si sono immediatamente schierati, alla testa delle loro forze, contro il governo, contro il fascismo. Essi hanno compreso, al pari della grande maggioranza degli italiani, che, per eliminare il delitto dalla scena politica, occorre eliminare le cause del delitto, occorre il disarmo delle guardie bianche, la dispersione delle centrali di brigantaggio: la distruzione, cioè, di tutte le forze che tengono in piedi il fascismo. Questa esatta valutazione della situazione e delle necessità dell'ora imponeva ai partiti d'opposizione dei doveri, dei sacri doveri che non sono stati compiuti. Il tragico episodio ha dimostrato che è necessario proteggere la vita e l'incolumità personale dei cittadini seriamente minacciate dal fascismo. Alla commozione di tutto il popolo non è estranea la sensazione precisa di questa minaccia particolarmente grave per gli operai ed i contadini, minaccia che non scomparirà fino a quando il fascismo non sarà eliminato dal governo. Ebbene, che cosa hanno fatto le Opposizioni per raggiungere qualche risultato concreto? Esse si sono irrigidite in una posizione di attesa, con la speranza forse che lo scandalo dilagante sarebbe bastato da solo a colpire a morte il governo fascista. È certo che questa è un'illusione. Il governo fascista è riuscito fino ad ora a rimanere in piedi soltanto per la forza delle sue squadre armate e saranno le squadre armate che lo difenderanno fino all'estremo. L'attesa passiva è dunque una colpa. Se le Opposizioni borghesi non hanno forze organizzate per scendere in lotta, le Opposizioni proletarie possono contare sull'esasperazione di tutta la classe lavoratrice non piú disposta a sopportare una tirannia feroce. Bisogna saper raggiungere, attraverso lo stato d'animo che s'è venuto in questi giorni formando, l'unità della classe lavoratrice, unità indispensabile al raggiungimento della vittoria. “
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Testo dell’articolo apparso senza firma su «Stato Operaio» del 19 giugno 1924.
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PRIMA PAGINA Corriere Del Mezzogiorno di Oggi giovedì, 26 settembre 2024
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Roma, 10 giugno 1924, ucciso il deputato socialista Matteotti, è la fine della democrazia in Italia
Il 10 giugno 1924, 100 anni fa, il deputato Giacomo Matteotti, segretario del partito socialista unitario, viene rapito a Roma, da alcuni elementi della polizia segreta fascista, la famigerata Ceka, caricato a forza su un’auto e ucciso a pugnalate. Il cadavere, seppellito in una fossa in località Quartarella, a pochi chilometri da Roma, viene trovato due mesi dopo. Dieci giorni prima di venire…
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LE FOIBE E PERTINI
Pertini e' ritenuto da molti, troppi, il miglior presidente d'Italia e sapete perche'? Perche' ai mondiali di calcio del 1982 alzo' la coppa vinta dall'Italia in quell'occasione!!!
Nella realta' questo essere non si e' mai ritenuto italiano e per l'Italia non fece mai nulla. Au contraire! Fece un discorso il 31 dicembre alla nazione con un bambino arabo di Gaza....tanto per abituarci alla futura invasione progettata dai comunisti come lui...
Ma raccontare gli orrori di Pertini -come raccomandare lo stupro delle italiane durante la seconda guerra mondiale e stupratore lui stesso...e' davvero lungo...qui ve lo voglio raccontare in relazione alla tragedia delle Foibe e di Porzûs che agli inizi degli anni '80 erano solo appena sussurrate negli ambienti della destra extraparlamentare e completamente ignorate dalla storiografia ufficiale, comunista-partigiana. Parlare di queste tragedie che imbrattavano l'ideologia della Resistenza si rischiava di essere bollati fascisti e revisionisti. Esattamente come oggi.
Ebbene, Tito, il dittatore jugoslavo comunista, morì nel 1980. L'allora presidente Sandro Pertini — il presidente più amato dagli italiani... e credo dagli ex jugoslavi — anziché restarsene al Quirinale, andò a rendergli omaggio, ignorando (si fa per dire) del tutto quel che accadde nell'Istria tra il '43 e il '45. Ignorando la tragedia delle Foibe e quanto i comunisti, sotto gli ordini diretti di Tito, combinarono a danno degli italiani, colpevoli solo di essere italiani. Nessun capo di Stato che avesse avuto un minimo di senso nazionale avrebbe mai reso omaggio al macellaio del suo popolo. Ma Sandro Pertini lo fece. E non si limitò a rendergli omaggio con la sua presenza, ma baciò persino il suo feretro e la bandiera nel quale era avvolto.
Questo fece Sandro Pertini, nonostante le urla di sangue e dolore degli infoibati e degli esuli che fuggirono dall'Istria e Dalmazia. E questo fu solo un episodio (forse il più eclatante). Da bravo socialista partigiano, appartenente alla vecchia scuola (quella di Nenni e Matteotti), Pertini concesse persino la Grazia a Mario Toffanin, altrimenti noto come il 'Giacca'. Un partigiano che durante la guerra aveva compiuto (con la complicità di altri partigiani comunisti) la strage di Porzûs per la quale, nel 1954, la Corte d'Assise di Lucca lo aveva condannato all'ergastolo. Pena a cui erano stati sommati altri trent'anni di reclusione per sequestro di persona, rapina aggravata, estorsione e concorso in omicidio aggravato e continuato. Mario Toffanin, tuttavia, non sconterà mai queste pene, perché riuscirà a riparare in Jugoslavia, godendo persino della pensione italiana che la Grazia di Pertini gli aveva permesso di percepire dall'estero (l'ex partigiano infatti non rientrerà mai più in Italia).
Che differenza c'e' tra lui e Napolitano? Tra lui e i nazisti?
Che vergogna la memoria corta degli italiani...
Che questa giornata della memoria possa re-insegnare la storia agli italiani, e mettere finalmente Pertini la' dove merita, nell'elenco dei criminali!
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Festa della Liberazione, celebrazioni a Londra e Manchester
Di Pietro Nigro Appuntamento anche in Inghilterra per la prossima Festa della Liberazione, che sarà celebrata a Londra e per la prima volta a Manchester. Festa della Liberazione, a Londra si ricorda Giacomo Matteotti Doppio appuntamento quest'anno per la Festa della Liberazione che sarà celebrata come di consueto a Londra e per la prima volta anche a Manchester. Il primo appuntamento, che è organizzato dall'Anpi, è dedicato al leader socialista Giacomo Matteotti nel centenario della sua visita a Londra e nel ricordo dello spirito antifascista ed internazionalista della sua azione politica. La celebrazione di Londra si terrà presso The Star of Kings (London, N1 0AX) il 25 Aprile 2024 a partire dalle 6:30 PM, e prevede la prenotazione on line al prezzo di 5,54 sterline. L'iniziativa proponiamo un ricordo del deputato socialista Giacomo Matteotti, nel centesimo anniversario della sua visita a Londra e del suo omicidio per mano dei fascisti. L'iniziativa si aprira' con gli interventi della Console dìItlaia a Londra Rossella Gentile e del presidente del ComItEs di Londra Alessandro Gaglione. Successivamente, Alfio Bernabei, storico ed autore di saggi, ripercorrerà le tappe della visita di Matteotti a Londra nell'aprile del 1924. Le celebrazioni sono promosse da ACLI Regno Unito, ANPI Londra e Regno Unito, Azione UK, CinemaItaliaUK, INAS CISL, INCA CGIL UK, ITAL UIL, Italia Viva UK, Manifesto di Londra, Partito Democratico Londra & UK "Decio Anzani". Festa della liberazione, domenica 28 si celebra anche a Manchester E quest'anno per la prima volta la Festa della Liberazione sarà celebrata anche a Manchester, per iniziativa delle associazioni italiane presenti sul territorio. L'appuntamento di Manchester - che si tiene in lingua inglese - è in programma domenica 28 aprile dalle 11.30 am alle 3 pm presso la Working Class Movement Library (51 Crescent Salford M5 4WX), e prevede la prenotazione gratuita obbligatoria. Anche l'appuntamento di Manchester è dedicato alla memoria di Giacomo Matteotti, il leader socialista e anti fascista ucciso il 10 giugno di 100 anni fa, in un incontro in cui si parlerà di Resistenza, di internazionalità della lotta antifascista e della lotta al Fascismo e come riaffermare l'antifascismo negli anni a venire in Italia e nel resto del mondo. All'incontro che sarà moderato da Giulia Sirigu, segretaria del Partito Democratico di Manchester, porteranno il loro contributo Gianluigi Cassandra, presidente del Comites di Manchester, Alfio Bernabei, storico e curatoe della mostra "Giacomo and Velia Matteotti in London", Robert Hargreaves, North West International Brigade Memorial Group e Simone Rossi, della Associazione Nazionale Partigiani d'Italia. La celebrazione di Manchester è organizzata da Anpi, Inca Cgil Uk, Acli, e Partito Democratico, con la partecipazione della North West International Brigade Memorial Group. ... Continua a leggere su
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Giacomo Matteotti, il martire della libertà assassinato dal fascismo La sua morte ha mostrato il volto del fascismo assassino: “Uccidete pure me, ma l'idea che è in me non l'ucciderete mai”. Così il politico socialista Giacomo Matteotti si rivolse alla Camera dei Deputati, quasi presagendo il disegno criminale del regime fascista di cui denunciò violenze e abusi fino all'ultimo giorno di vita. Disegno che fu messo in pratica il 10 giugno 1924 da cinque membri della “polizia politica”, che dopo averlo rapito nella zona del Lungotevere lo fecero salire a forza su di una macchina, lo accoltellarono e abbandonarono il cadavere a Riano, nelle campagne fuori Roma. Non fu né la prima né l’ultima vittima della violenza fascista ma il suo brutale omicidio fu forse il solo, e certamente il primo, a mettere in difficoltà il nascente regime e, in qualche modo, ne condizionò l’evoluzione totalitaria. Alla sua uccisione seguì infatti la decisione delle forze democratiche di abbandonare il Parlamento dando vita “all’Aventino”. Matteotti, esponente di spicco del partito socialista unitario, morì pochi giorni dopo aver pronunciato un accorato discorso alla Camera in cui denunciava il clima di violenza ed intimidazione che aveva condizionato le elezioni da poco svolte. Ma se dal punto di vista storico è assodata la responsabilità morale di Benito Mussolini nell’uccisione del parlamentare socialista, così come è accertata la responsabilità materiale di uomini vicini al Partito Nazionale fascista, più articolate sono le ragioni che portarono alla morte di Matteotti. Oltre ad essere un avversario politico Matteotti sarebbe stato in possesso di documenti in grado di provare come i vertici del regime fossero coinvolti in un giro di corruzione volto a concedere ad una compagnia americana l’esclusiva sullo sfruttamento del petrolio italiano. Documenti che Matteotti aveva nella borsa che portava con sé quando fu rapito e che non fu ritrovata insieme al corpo, e documenti che avrebbe dovuto presentare al Parlamento quello stesso 10 giugno. (...) Il 30 maggio del 1924 Matteotti pronuncia quello che sarà il suo ultimo discorso pubblico alla Camera, dove prende la parola per contestare i risultati delle elezioni tenutesi il precedente 6 aprile. Mentre parla, dai banchi fascisti si levano contestazioni e rumori che lo interrompono più volte. Al termine del discorso, in cui Matteotti è riuscito a mantenere la calma e non cadere nelle provocazioni, dice ai suoi compagni di partito: “Io il mio discorso l’ho fatto. Ora voi preparate il discorso funebre per me”. (...) Il Caso Standard-Oil : I documenti di cui Matteotti sarebbe stato in possesso riguardavano l'americana Standard-Oil, controllata della Sinclair-Oil, compagnia petrolifera che aveva da poco concluso, nell’aprile del 1924, un accordo per lei vantaggiosissimo per lo sfruttamento delle risorse italiane. Accordo che la compagnia d’oltreoceano avrebbe oliato a suon di tangenti. Mazzette che sarebbero finite nelle tasche di altissimi esponenti del regime, tra cui anche il fratello di Mussolini, Arnaldo. Matteotti aveva annunciato, facendo capire di avere in mano le prove, di voler denunciare l’illecito in un intervento parlamentare alla riapertura dell’Aula di Montecitorio il 10 giugno, il giorno in cui fu rapito ed ucciso.
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Manifestazione per la nascita del Fronte democratico popolare.
A San Ferdinando agivano però numerosi gruppi di destra, radunati attorno alla sezione dell´Uomo Qualunque, che trovavano protezione e sostegno non solo negli agrari del posto ma nella stessa coalizione di destra che reggeva l´amministrazione comunale, e nel corpo dei vigili notturni, delle guardie campestri e delle guardie giurate. Tra loro ex fascisti, qualunquisti, monarchici, che avevano già annunciato come avrebbero mal tollerato la manifestazione si comunisti e socialisti se questa avesse assunto caratteristiche di massa e larga partecipazione popolare. Un proposito chiaramente intimidatorio che aveva indotto i promotori a recarsi presso la caserma dei carabinieri, nel primo pomeriggio del 9 febbraio, per chiedere un dispiego di forze che garantisse lo svolgimento pacifico della manifestazione. Già nel corso della riunione con le forze dell´ordine, giunsero in caserma la notizia dei primi disordini. La situazione stava già precipitando.
Essendo stato vietato il corteo, le cellule del Partito Comunista si erano organizzate in modo da assicurare l´affluenza in piazza Matteotti, luogo prescelto per il comizio, attraverso un primo raduno presso le singole sezioni del partito, con l´esposizione e lo sventolio delle bandiere rosse, e un successivo a simultaneo concentramento nella piazza da parte di tutti i militanti, in modo da mostrare la grande forza organizzativa. Ma prima ancora che il piano si completasse, erano cominciati gli assalti e le azioni delle squadracce fasciste e qualunquiste, che puntavano a impedire la manifestazione che si annunciava imponente. Le cariche colpirono le singole sezioni, i loro vessilli, i militanti lì radunati. Le minacce e le
azioni violente erano accompagnate da spari di mitra e pistole. In vari punti della città si registrano aggressione e lavoratori, uomini e donne, selvaggiamente bastonati.
Scattarono le prime denunce ma i carabinieri si astennero scientificamente da qualsiasi intervento che poteva assicurare il regolare svolgimento del comizio del Fronte Democratico Popolare e l´incolumità dei partecipanti. La situazione sarebbe anzi di lì a poco degenerata. L´aggressione al capocellula Francesco Frascolla da parte di alcuni squadristi, ferito gravemente alla testa, e la sua conseguente difesa –lo sparo di un colpo d´arma da fuoco che colpì ad una natica uno degli assalitori- scatenò la violenta rappresaglia dei fascisti. Dove aver appiccato un rogo in piazza con le bandiere rosse requisite negli assalti alle sezioni del Pci, assaltarono la cellula numero 9, quella di Frascolla, a colpi di mitra e pistola. L´assalto fu esteso alla sede dell´Anpi e della Camera del Lavoro.
A morirei in seguito ai violenti scontri furono quattro lavoratori: Giuseppe De Michele, Nicola Frantone, Vincenzo De Niso, Giuseppe Di Troia. Non fu risparmiato nemmeno il piccolo Raffaele Riontino, di 7 anni, trovato senza vita sotto un tavolo nella sede dell´associazione partigiani, dove aveva inutilmente cercato riparo. Altri 10 lavoratori, tutti militanti comunisti, rimasero feriti. Lo squadrista assassino che aveva avuto il coraggio di infierire su un bambino di 7 anni, aveva gridato “Por i rpudd ma luè da nend!”…anche i piccoli dobbiamo eliminare…
La stampa italiana diede notevole risalto ai fatti di San Ferdinando, in seguito dei quali in provincia di Foggia fu proclamato l´11 febbraio 1948 uno sciopero generale. I fascisti e i qualunquisti, gli agrari, sostenuti nella loro versione dei fatti dalla Gazzetta del Mezzogiorno, rivendicavano la legittima difesa e le provocazioni violente dei socialcomunisti come causa scatenante degli incidenti verificatisi. Tutta la stampa governativa e gli stessi esponenti politici nazionali avvaloravano la tesi dei provocatori e fomentatori comunisti. Forti le denunce che si levarono dai dirigenti del Pci, su tutti Di Vittorio, che ben conosceva la forte influenza esercitata dal fascismo agrario nelle zone del Basso Tavoliere.
L´azione giudiziaria nei confronti dei responsabili dell´eccidio durò 7 anni, fino alla definitiva sentenza della corte d´Appello di Bari del 2 marzo 1955. Alla fine furono 28 gli imputati accusati a vario titolo di lesioni, omicidio e concorso in omicidio. Le penne maggiori per 7 di essi, con condanne da 17 ai 26 anni di reclusione. Non venne però riconosciuto il reato di strage.
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Olbia, accoltellamento nella notte: uomo fermato per tentato omicidio
Olbia, accoltellamento nella notte: uomo fermato per tentato omicidio. Nella notte di ieri i Carabinieri del Reparto Territoriale di Olbia intervenivano in seguito alla segnalazione di una rissa avvenuta nei pressi di piazza Matteotti, in pieno centro. La scena del crimine Sul posto riscontravano la presenza di un giovane ventiseienne marocchino, il quale riportava diverse ferite da arma da taglio sul costato, sotto l'ascella e sotto il mento. Il giovane, nel frattempo, veniva trasportato in ambulanza presso il pronto soccorso di Olbia, dove veniva ricoverato in prognosi riservata. Uno dei fendenti, in particolare, interessava l'area toracica con possibile perforazione di un polmone. Indagine Grazie all'acquisizione delle telecamere comunali e di alcuni esercizi pubblici i Carabinieri sono riusciti a ricostruire un identikit dell'aggressore. Questi ultimi, dopo incessanti ricerche avvenute durante la notte, lo intercettavano nei pressi di una fermata dell'autobus pronto a darsi alla fuga verso Cagliari. Si tratta di un cittadino siriano senza fissa dimora che avrebbe deciso gesto per futili motivi, probabilmente in seguito a un diverbio con il malcapitato avvenuto nei pressi delle giostre per bambini site nella piazza. Arresto Al seguito deteneva il coltello utilizzato durante la lite e i vestiti indossati la sera prima, tra cui la giacca sporca del sangue della vittima. Il suddetto, in seguito all'individuazione da parte del ferito, veniva fermato nella serata perché indiziato del delitto di tentato omicidio aggravato dall'uso delle armi. Read the full article
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( Nasceva oggi, il 22 maggio del 1885 a Fratta Polesine, Giacomo Matteotti. Politico, giornalista, antifascista e segretario del Partito Socialista Unitario, fu rapito e assassinato - molto probabilmente per volontà dello stesso Mussolini - il 10 giugno 1924, da una squadra fascista, capeggiata da Amerigo Dumini. La causa? Le sue denunce fatte a seguito delle elezioni del 6 aprile 1924, per i brogli elettorali e le sue indagini sulla corruzione del governo. Il giorno del suo omicidio avrebbe dovuto inoltre rivelare quanto scoperto su uno scandalo finanziario che coinvolgeva anche Arnaldo Mussolini, il fratello del dittatore.
Famose - e purtroppo profetiche - restano, tra le altre, due sue frasi, di cui la prima pronunciata proprio dopo il discorso sui brogli elettorali il 30 maggio:
“ Io, il mio discorso l'ho fatto. Ora voi preparate il discorso funebre per me. ”
“ Uccidete pure me, ma l'idea che è in me non l'ucciderete mai. ”
Buon compleanno Giacomo! )
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“ Sono anni molto violenti a Firenze. La città è percorsa da bande di fascisti terribili, duri e fanatici, riuniti in squadracce dai nomi paurosi. Una su tutti, ‘La Disperata’, al cui soccorso arriva ogni tanto ‘La Disperatissima’, composta da squadristi di Perugia che si muovono anche fuori regione spingendosi a fare incursioni fin nelle Marche. Gentaccia pronta a usare bastone e olio di ricino senza alcuno scrupolo, teppisti, criminali come Amerigo Dumini, il capo degli squadristi che un paio di mesi dopo sequestrano e uccidono Matteotti (e che, ricorda Lussu ne La marcia su Roma, era solito presentarsi dicendo «Amerigo Dumini, nove omicidi»). Il professor Salvadori, per non mettere in pericolo la famiglia, obbedisce alla convocazione senza fare storie e va a piazza Mentana. Entra nel covo alle diciotto del primo aprile [1924] e ne esce a tarda sera, coperto di sangue e barcollante. Max, all’epoca sedicenne, che gli è andato appresso perché aveva delle lettere da impostare alla stazione e l’ha aspettato fuori, ha sentito tre brutti ceffi che ciondolano per la piazzetta dire alcune frasi inquietanti. «Occorre finirlo». «Già, ma chi l’ha comandato?» «L’ordine viene da Roma».
In quel momento Willy esce dal palazzo circondato da una dozzina di fascisti esagitati che brandiscono bastoni. Il padre, ammutolito, è coperto di sangue, e quando Max gli si fa incontro per sostenerlo e aiutarlo riceve la sua razione di botte: i picchiatori non hanno finito, la squadraccia li segue fin sul ponte Santa Trinita, vogliono buttare padre e figlio al fiume. I due si salvano solo grazie a una pattuglia di carabinieri che passa di lì per caso, e quando infine arrivano a casa a mezzanotte, malconci e umiliati, sebbene Cynthia mantenga calma e lucidità e Willy cerchi di minimizzare, lo shock è forte per tutti loro. Scrive Joyce in Portrait: “Tornarono tardi, e la scena è ancora nei miei occhi. Noi due donne (mia madre e io, mia sorella era in Svizzera), affacciate alla ringhiera del secondo piano, sulla scala a spirale da cui si vedeva l’atrio dell’entrata; e loro due che dall’atrio salivano i primi gradini, il viso rivolto in alto, verso di noi. Il viso di mio padre era irriconoscibile; sembrava allargato e appiattito, e in mezzo al sangue che gocciolava ancora sotto i capelli, si vedevano i tagli asimmetrici fatti con la punta dei pugnali: tre sulla fronte, due sulle guance, uno sul mento. Mio fratello aveva il viso tutto gonfio e un occhio che pareva una melanzana. «Non è niente, non è niente», diceva mio padre, cercando di sorridere con le labbra tumefatte. Capii in quel momento quanto ci volesse bene.” In quella sera drammatica che costituisce uno spartiacque nella storia della loro famiglia, Joyce fa tesoro dell’esempio dato dai genitori e dal fratello. Il padre che coraggiosamente cerca di sminuire la portata della violenza e il fratello che lo sostiene forniscono alla Joyce dodicenne «solidità, in quanto alle scelte da fare. Servì a pormi di fronte a ciò che è barbarie e a ciò che invece è civiltà». “
Silvia Ballestra, La Sibilla. Vita di Joyce Lussu, Laterza (collana I Robinson / Letture), 2022¹; pp. 13-14.
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Immagine «Prigionia, tortura, omicidio, i campi fascisti furono 900» Italiani brava gente. Spesso ma non sempre. È di qualche giorno fa la notizia che nel virtuoso Nord alcuni coltivatori si sarebbero avvalsi di braccianti extracomunitari, con salari da fame e condizioni di lavoro degradanti. Sappiamo bene che al contributo di 600 euro per le partite IVA in difficoltà hanno avuto accesso centinaia di studi notarili e legali. E che dire della sempre più invasiva difficoltà a fare i conti con il passato fascista del paese? Con la tendenza via via più diffusa a derubricare la dittatura a una forma di autoritarismo all’acqua di rose? Chi non si è trovato coinvolto in discussioni da bar in cui sono affiorati commenti come, “Piove, governo ladro”, “Europa tiranna” e via dicendo? Oppure come “Il Duce ha fatto anche cose buone”? Peccato che, per farle, abbia portato distruzione e morte in Albania, Corno d’Africa, Libia, Slovenia e Croazia, abbia stroncato il dissenso, varato le leggi razziali, fatto piazza pulita di rom e omosessuali. E se tutto questo strepitare non fosse, in fondo, figlio del peccato originale italico, ovvero la mai completa accettazione di una semplice verità storica, l’assuefazione a un tipo di governo che ha sempre sbandierato efficienza e decisionismo, gettando fumo negli occhi di una popolazione alla disperata ricerca di parole tranquillizzanti, una popolazione a cui creava, non risolveva, problemi? Una guerra persa in partenza, l’alienazione dei favori di paesi leggermente più illuminati di noi, l’infamia dell’antisemitismo, l’autarchia fattasi miseria nazionale, la soppressione di qualsiasi forma di dissidenza e, in ultima analisi, della libertà? Ecco che la pubblicazione di un libro come Campi Fascisti – Una vergogna italiana... di Gino Marchitelli assume un valore prezioso, mettendo ordine tra le “cose buone” che il fascismo avrebbe fatto. ... raccontare la verità alle nuove generazioni e depotenziare l’infame politica sovranista e fascista che avanza nel paese per colpa dell’ignoranza dilagante. ... Un errore madornale della democrazia in capo a molti, al Pd in particolare, che con alcuni dirigenti, capi del governo e ministri ha sottovalutato il fatto innegabile che i fascisti “buoni” non esistono. Il fascismo è stragismo, è repressione, è tirannia, è braccio armato del padronato. Per questo motivo non mi sogno nemmeno per scherzo di diventare talmente “democratico” da confrontarmi con certe destre che raccontano un mucchio di balle (come la storia strumentalizzata delle foibe), che cercano continuamente di accusare l’antifascismo, negando perfino l’esistenza dei campi di sterminio ... Bisogna raccontare tutto, comprese le stragi, a partire da Portella della Ginestra fino a piazza Fontana, raccontare la verità su Pinelli, sull’Italicus, su Piazza della Loggia, sulla bomba alla stazione di Bologna. Occorre riportare i giovani a vedere non solo i campi di sterminio, cosa peraltro giusta e necessaria, ma pure i luoghi italiani in cui il fascismo ha esercitato la propria indole violenta e guerrafondaia. Oggi sappiamo che quei luoghi furono non 200 bensì 904. Abbiamo tutto: documenti, nomi, cognomi, luoghi, storie. Dobbiamo realizzare una memoria generale costruttiva che veda al centro i fari guida della Costituzione, della repubblica, della democrazia e della libertà, nati con l’antifascismo. ... diciamo la verità su Mussolini che ha utilizzato il potere personale per arricchirsi e arricchire chi gli stava vicino, che dietro al delitto Matteotti si nascondono documenti che comprovano una strana partecipazione azionaria di Mussolini in società che dovevano svendere le concessioni petrolifere nazionali e libiche ad altre nazioni, che i documenti riservati e il dossier che aveva Matteotti è scomparso, che Amerigo Dumini, capo del commando che sequestrò e uccise Matteotti, fu graziato e inviato in confino alle isole Tremiti perché “non parlasse”. Raccontiamo la prigionia, la tortura e l’assassinio dei confinati cinesi in Italia, la deportazione degli istriani e dalmati, le violenze delle camicie nere contro camere del lavoro e sindacalisti per aiutare i padroni contro le rivendicazioni sindacali. (intervista a Gino Marchitelli di Rock Reynolds) http://campifascisti.it/
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L'accoltellatore dei giudici chiede scusa e tenta di uccidersi
L’accoltellatore dei giudici chiede scusa e tenta di uccidersi
Poche righe scritte dal carcere di Capanne dove sta scontando 12 anni di reclusione. Roberto Ferracci, condannato per tentato omicidio nei confronti dei giudici Francesca Altrui e Umberto Rana, chiede scusa. Il 25 settembre dello scorso anno si era introdotto con un coltello nel palazzo di giustizia di Piazza Matteotti e aveva attentato alla vita dei giudici. “Mi chiamo Roberto Ferracci – ha…
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Ossa a Genova presso Piazza Matteotti, arriva la Soprintendenza della Liguria e ferma il cantiere: le ossa sono umane
Ossa a Genova presso Piazza Matteotti, arriva la Soprintendenza della Liguria e ferma il cantiere: le ossa sono umane
Erano ossa umane quelle trovate in piazza Matteotti durante i lavori di scavo per un cantiere Enel ma, state tranquilli, non si tratta di un giallo da risolvere o di un omicidio recente. Si tratta probabilmente di una sepoltura medioevale o, magari, ancora più antica. Saranno gli esami degli esperti a stabilirlo. Stamattina sul cantiere, su cui ieri hanno indagato i carabinieri che avevano…
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Discorso di Giacomo Matteotti di denuncia delle violenze e dei brogli elettorali fascisti, 30 Maggio 1924, adattamento cinematografico sufficientemente fedele del violento dibattito di quella seduta.
PDF degli Atti Parlamentari della Camera dei Deputati (pp. 9-16 [57-64])
Trascrizione del dibattito
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«Prigionia, tortura, omicidio, i campi fascisti furono 900» Italiani brava gente. Spesso ma non sempre. È di qualche giorno fa la notizia che nel virtuoso Nord alcuni coltivatori si sarebbero avvalsi di braccianti extracomunitari, con salari da fame e condizioni di lavoro degradanti. Sappiamo bene che al contributo di 600 euro per le partite IVA in difficoltà hanno avuto accesso centinaia di studi notarili e legali. E che dire della sempre più invasiva difficoltà a fare i conti con il passato fascista del paese? Con la tendenza via via più diffusa a derubricare la dittatura a una forma di autoritarismo all’acqua di rose? Chi non si è trovato coinvolto in discussioni da bar in cui sono affiorati commenti come, “Piove, governo ladro”, “Europa tiranna” e via dicendo? Oppure come “Il Duce ha fatto anche cose buone”? Peccato che, per farle, abbia portato distruzione e morte in Albania, Corno d’Africa, Libia, Slovenia e Croazia, abbia stroncato il dissenso, varato le leggi razziali, fatto piazza pulita di rom e omosessuali. E se tutto questo strepitare non fosse, in fondo, figlio del peccato originale italico, ovvero la mai completa accettazione di una semplice verità storica, l’assuefazione a un tipo di governo che ha sempre sbandierato efficienza e decisionismo, gettando fumo negli occhi di una popolazione alla disperata ricerca di parole tranquillizzanti, una popolazione a cui creava, non risolveva, problemi? Una guerra persa in partenza, l’alienazione dei favori di paesi leggermente più illuminati di noi, l’infamia dell’antisemitismo, l’autarchia fattasi miseria nazionale, la soppressione di qualsiasi forma di dissidenza e, in ultima analisi, della libertà? Ecco che la pubblicazione di un libro come Campi Fascisti – Una vergogna italiana... di Gino Marchitelli assume un valore prezioso, mettendo ordine tra le “cose buone” che il fascismo avrebbe fatto. ... raccontare la verità alle nuove generazioni e depotenziare l’infame politica sovranista e fascista che avanza nel paese per colpa dell’ignoranza dilagante. ... Un errore madornale della democrazia in capo a molti, al Pd in particolare, che con alcuni dirigenti, capi del governo e ministri ha sottovalutato il fatto innegabile che i fascisti “buoni” non esistono. Il fascismo è stragismo, è repressione, è tirannia, è braccio armato del padronato. Per questo motivo non mi sogno nemmeno per scherzo di diventare talmente “democratico” da confrontarmi con certe destre che raccontano un mucchio di balle (come la storia strumentalizzata delle foibe), che cercano continuamente di accusare l’antifascismo, negando perfino l’esistenza dei campi di sterminio ... Bisogna raccontare tutto, comprese le stragi, a partire da Portella della Ginestra fino a piazza Fontana, raccontare la verità su Pinelli, sull’Italicus, su Piazza della Loggia, sulla bomba alla stazione di Bologna. Occorre riportare i giovani a vedere non solo i campi di sterminio, cosa peraltro giusta e necessaria, ma pure i luoghi italiani in cui il fascismo ha esercitato la propria indole violenta e guerrafondaia. Oggi sappiamo che quei luoghi furono non 200 bensì 904. Abbiamo tutto: documenti, nomi, cognomi, luoghi, storie. Dobbiamo realizzare una memoria generale costruttiva che veda al centro i fari guida della Costituzione, della repubblica, della democrazia e della libertà, nati con l’antifascismo. ... diciamo la verità su Mussolini che ha utilizzato il potere personale per arricchirsi e arricchire chi gli stava vicino, che dietro al delitto Matteotti si nascondono documenti che comprovano una strana partecipazione azionaria di Mussolini in società che dovevano svendere le concessioni petrolifere nazionali e libiche ad altre nazioni, che i documenti riservati e il dossier che aveva Matteotti è scomparso, che Amerigo Dumini, capo del commando che sequestrò e uccise Matteotti, fu graziato e inviato in confino alle isole Tremiti perché “non parlasse”. Raccontiamo la prigionia, la tortura e l’assassinio dei confinati cinesi in Italia, la deportazione degli istriani e dalmati, le violenze delle camicie nere contro camere del lavoro e sindacalisti per aiutare i padroni contro le rivendicazioni sindacali. (intervista a Gino Marchitelli di Rock Reynolds) http://campifascisti.it/
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